PANGEA.

 


"Per Bismilla non contano le ore o i minuti, nemmeno i giorni. Lei è nata prima del tempo e continuerà a vivere, in trasformazione. Nemmeno invecchia. O forse sì, nel corpo, come me, per accompagnarmi, farmi compagnia, come una sorella, e quando il mio corpo sarà cosparso di rughe anche il suo lo sarà, ma la sua voce, Oh! la sua voce nella mia testa avrà sempre lo stesso tono acuto e infantile. Come ora. Come quando ero bambina"

A Marzo ho pubblicato Pangea. Finalmente. Dico finalmente perché non ne potevo più, di tutte quelle voci rinchiuse nei cassetti e nelle cartelle del computer che si sentivano abbandonate, ignorate, dimenticate. La me che ha scritto questi racconti forse non sono più io. Ma può anche essere che per far uscire nel mondo le proprie creature uno scrittore debba prima cambiare la pelle. Così è stato. Loro sono libere, in un certo senso non mi appartengono più. Ma cosa più importante: io non appartengo più a loro. 

Ma ora voglio raccontare come sono nate, queste storie.

I primi tre racconti (Sono bellissime perchè non sono perfette, A lei i gabbiani non piacciono tanto e Forme di Vita) sono nati tutti e tre nella meravigliosa e ancor più terribile New York City, nel periodo in cui vissi lì, da settembre a dicembre 2016. Tra questi un po' ci sono io, un po' no. C'è sicuramente la mia sorella immaginaria Bismilla che in quel periodo è stata molto presente nella mia vita. C'è la metropolitana, il jazz, la solitudine, l'elezione di Donald Trump, l'incertezza per quello che sarebbe venuto, l'amore per un passato di una New York che non c'è più, o forse che non c'è mai stato. C'è un folle incontro fatto in una notte a Washington per cercare dei guanti. E poi c'è una storia che scrissi quando ero davvero piccola, la prima volta a New York, leggendo Salinger e immaginandomi discorsi tra bambini saggi e adulti disperati. Diciamo che l'idea mi piaceva, ma l'ho riscritta tutta da capo. Magdalena è una storia che mi è stata raccontata in un paese caldo, umido, in cui il succo della frutta ti cola sul mento, in cui gli amori sono appassionati e disperati, in cui ho vagato per i mercati e in cui la notte era piena dei lamenti degli ubriachi. La montagna, il camminare per i suoi prati scoscesi, il dormire sotto le stelle fumando la pipa mi ha dato Pregano, le mucche, il cui Rosso non c'è più, ma ringrazio per le storie che mi ha regalato. Tutta la notte è la storia di un amore dolce, un amore geloso tra due piccole fanciulle, due belle donne che si volevano rendere immortali. Durante un laboratorio di scrittura, in un paio d'ore trafelate è nato Le suicidate della società, triste e claustrofobico. La traccia del laboratorio era un articolo che parlava del fatto che le rane, anche se gli aumenti la temperatura dell'acqua in cui sono immerse, non provano l'impulso di scappare se non nel momento in cui è troppo tardi. Una mattina mi sono svegliata, e mi sono sentita Amata. Era un'estate greca quella in cui è nata La fine, piena di notti insonni e libri di fantascienza. Sono solo ombre è un poema, una tragedia teatrale, un flusso di coscienza, un film surreale. Ho un ricordo di me che lo scrivo appoggiata a una obliteratrice su un tram. Seduta ad un tavolino appiccicoso in un torrido agosto ad un bar del centro sorseggiando un vino bianco ho scritto Aspettando, aspettando una Sofia che non si è presentata e che faceva parte dei miei undici anni, e che in un certo senso è stato il mio primo grande amore. Pangea è Pangea, ed è stato tutto un sogno. 

"Noi siamo pezzi di terra. Vaghiamo sulle acque, sotto di noi nuotano enormi pesci con le ali e infinitamente minuscoli e dorati. Pezzi di noi, la nostra terra, volteggia nell'acqua ed entra attraverso questi pesci e danza nelle loro viscere, si fa cullare dal loro sangue freddo e poi fluttua tra le branchie per passare così da pesce a pesce, da oceano a oceano, a spostare le acque, a spostare le terre, a sciogliere e a creare altri mondi. Ed ecco che ci riuniamo, cullati dall'acqua, asciugati dal vento, e i nostri nodi di terra si intrecciano, così le radici, così le montagne. Noi tre siamo stati la Pangea, il grande continente che vagava sull'oceano, sopra ai pesci che cantano. I pesci sanno tutta la storia, me l'hanno raccontata loro, la storia, e anche le radici la sanno, questa storia, e anche loro me l'hanno raccontata. E ora dormite, anime gemelle, dormite. La notte è nera nella bellezza dell'abisso come i vostri capelli sui miei seni bianchi. Ecco. Dormite."

In realtà non ho detto molte cose, cose che in effetti non voglio dire. Se no, non avrei scritto dei racconti, per raccontarle. E poi si sa, a raccontare la verità diventa tutto così banale.

Se per caso le volete anche leggere, queste storie, qui trovate il libro:

https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/racconti/535017/pangea-2/


 


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